TRASGRESSIVA, PROVOCANTE, IRONICA… DONATELLA È TUTTO QUESTO, E MOLTO DI PIÙ.
A NOVELLA 2000 SVELA IL SUO LATO PRIVATO, IL RAPPORTO DIFFICILE CON LA MAMMA
(CHE LA CHIUSE IN COLLEGIO), L’AMORE UNICO CON IL MARITO. (di Alessandra Pescali – Foto di Alex belli)

Dissacrante, provocante e ironica la Rettore, ironica attrice e cantautrice dai 30 milioni di dischi venduti, decide di svelare il dietro le quinte di una vita intera raccontando finalmente anche la vera Donatella nel libro autobiografico Dadauffa. Memorie agitate. Con la sua una carica esplosiva, Donatella Rettore dagli anni settanta ha sempre colpito nel segno con le sue apparizioni, ma a un personaggio così abbagliante e colorato corrisponde una donna che conosce anche le sfumature dei colori più bui e l’amore sin- cero per la vita, la natura e la semplicità. Ostacoli, sofferenze, traguardi e passione, tutti i segreti di Dadauffa Donatella inizia a svelarli con Novella.

Donatella, qual è la prima cosa che le viene in mente pensando alla sua infanzia?
«Un ostacolo. Il primo, grosso, della mia vita è l’essere stata figlia unica a Castelfranco Veneto, una citta- dina di provincia molto cattolica, io avevo addosso l’argento vivo ed ero sola, non avevo nessuno con cui confidarmi».

Chi era sua madre Teresita?
«Mia madre aveva capito benissimo la mia indole, era l’unica femmina tra due fratelli maschi che volevano solo andare a lavorare, lei invece era come me, voleva studiare ed aveva perennemente un libro in mano (oltre alla sigaretta e al caffè). Ha fatto il ginnasio e subito dopo è diventata un’attrice goldoniana, giovane promessa della compagnia di Cesco Baseggio, ma poi è scoppiata la guerra. Io già da piccola sapevo cos’avrei voluto fare, mi nutrivo di tv e musica, tanto che con le mie prime paghette, a undici anni e mezzo, mi comprai il biglietto del treno e del Palalido per andare a vedere i Rolling Stones. Non feci in tempo a salire sul treno che fui fermata da un ispettore, poi vidi mia madre sulla bici che mi guardava furiosa. Il giorno dopo ero interna in collegio dalle suore Dorotee ad Asolo».

Come ha vissuto la sua scelta di metterla in collegio?
«
Non è stato facile, ero piccola, indifesa, piena di voglia di scoprire il mondo e di nostalgia, ma poi ho capito quella decisione».

L’ha perdonata?
«Ho perdonato mia madre come lei ha dovuto perdonare me per la mia esuberanza, prima di me aveva perso tre figli tragicamente e io ero il suo nervo scoperto».

Cosa ricorda di suo padre Sergio?
«Ho scoperto molto di lui anche grazie a un diario di prigionia di un suo ex commilitone, lo racconto bene in Dadauffa. Uno scritto meraviglioso che parla di una fuga dalla Germania verso l’Italia e di due uomini che si incontrano a messa, nella preghiera, perché non sanno più cosa fare per uscire dalla guerra. Mio padre voleva il meglio per me, era orgoglioso di vedere che avevo il mio piccolo seguito. Mi voleva felice e vedeva che riuscivo quindi mi sosteneva, a differenza di mia mamma avrebbe voluto mandarmi al conservatorio. Mio padre era un latifondista, aveva cinque fratelli e nessuno aveva voluto fare il contadino, per un po’ ho pensato di fare il perito agrario, mia mamma era per il liceo classico, a mio papà bastava studiassi e così ci trovammo sul liceo linguistico, una scelta che poi mi ha aiutata molto».

Da Dadauffa: “Un giorno qualunque ho pensato alla morte, prima ero troppo impegnata a saltare ostacoli”, qual è il suo rapporto con la vita e con la morte?
«Tutti magnificano la vita, Zucchero dice sia un peccato morire, ma chi lo sa. Magari si può stare meglio dopo, potremmo ritrovare da dove siamo venuti, noi siamo l’occulto che cerca sé stesso e non sono convinta che lo si trovi solo nella vita. Nella cittadina dove sono nata io è sempre stato impensabile parlare di eutanasia, aborto, addirittura di divorzio, ma io ho visto situazioni al limite e ho capito il senso di queste possibilità invece».

È la donna dalle infinite incarnazioni su e giù dal palco, ma l’amore con Claudio Rego è da più di quarant’anni lo stesso, com’è nato?
«Io e Claudio ci siamo conosciuti nel ’74 ed è andata malissimo, lui mi guardava come se fossi la bonazza che veniva dal nord per far successo a Roma, mi ha fatto fare un provino e mi ha mandata via. Ci siamo incontrati due anni dopo in occasione di un’enorme tournée pop rock da Roma a Taranto, ero l’unica don- na cantautrice e facevo anche la presentatrice, lì è scoccata la scintilla. Non mi ha detto le cose giuste all’inizio però, invece che farmi una dichiarazione d’amore mi ha semplicemente detto che voleva stare con me. Dopo un paio di giorni mi ha richiamato, mi ha invitata a uscire e da lì abbiamo riniziato col piede giusto. È stato il mio primo uomo e il nostro amore dura da sempre».

Un grande amore, ma niente figli…
«Intorno ai miei 27 anni io e Claudio abbiamo iniziato a pensare a un figlio, abbiamo provato tanto, ma non è arrivato nulla. Avevo lo stress ai massimi livelli e non riuscivo a rimanere incinta, per un po’ ho creduto di esserlo, si vocifera di un mio aborto, ma non è mai successo. Ho delle cugine con degli splendidi figli, ho sempre dato una mano a tutte. Ho cresciuto un mio nipote, Matteo, era uguale a me, pazzo come me, parlava a scuola di me, ma nessuno gli credeva e così un giorno l’ho accompagnato, era felice. Purtroppo pochi anni fa, a ventotto anni, una macchina l’ha investito e me l’ha portato via, questo è uno di quei dolori laceranti che non si superano mai».

Ha scritto canzoni iconiche per sé e per altri, cosa significa prestare le proprie parole?
«È una grandissima soddisfazione, io ringrazierò sempre gli artisti che hanno cantato i miei testi come Dora Moroni (Ora), mia grandissima amica, per far le sue canzoni eravamo un clan, Loretta Goggi (Assassina), Iva Zanicchi (Nonostante me), tanti giovani e tanti gruppi. È bello quando gli altri apprezzano il tuo lavoro ed interpretano a modo loro le tue parole e le tue musiche».

Cosa porta con sé della collaborazione con Elton John?
«Elton John è per me il più grande musicista del mondo, un uomo consapevole, che ha provato tutto, che è stato trasgressivo senza freni, che ha vissuto la sua omosessualità all’inizio molto male, ma che poi invece si è fatto carico di tutte le persone che avevano bisogno di essere rappresentate ed è diventato la loro bandiera. Ho molta stima per lui e per la sua fondazione per la lotta contro l’AIDS che è una delle più importanti, una parte del mio libro alla quale tengo molto è dedicata a questo grande uomo».

Del sodalizio con Lucio Dalla e il suo bastone invece?
«Con Lucio ho iniziato nel 1973 per il suo tour estivo, lui mi regalò quello che è stato per me un importante portafortuna: un bastone. Quando me lo diede mi disse “con questo mena ragassa, hai la voce, tirala fuori”. Gino Paoli invece ha cercato di insegnarmi che ci sono più marce nell’uso della voce, che non posso sempre cantare in quarta e spaccare i timpani a chi mi ascolta. Giuni Russo diceva che a cantare sempre forte come me si stancava. Sentirmi dire che assordo mi diverte».

Cantautrice e attrice, ma con i reality che rapporto ha?
«Anni fa ho partecipato a La Fattoria, vivevamo come nell’800, senza luce, senza gas e senza acqua ed era un reality tutt’altro che trash. Avevo fatto otto settimane di preparazione, ma non ci avevano insegnato proprio tutto visto che mi sono quasi amputata un dito con un coltello a serramanico e all’inizio stavamo tutti malissimo perché l’acqua che recuperavamo era contaminata, ma ho anche imparato molto. Se ora rimanessi senza luce e gas saprei come fare».

Che memorie costruirà d’ora in poi?
«Mi piacerebbe tornare a fare un bellissimo programma del 2019 che si chiamava Ora o mai più. È stato tolto, ma andava benissimo, aveva una grande orchestra e dava un meraviglioso spazio alla musica. Basterebbe rivederlo un po’, magari unirlo al ballo, si potrebbe chiamare La Possibilità. Forse Amadeus non avrebbe più tempo per condurlo, ma secondo me deve anche a questa trasmissione il suo Sanremo».

(di Alessandra Pescali – © Novella2000. Tutti di diritti di proprietà letteraria e artistica riservati.)

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